Gigant - Diario di bordo 2012
L’opera raccoglie sia i Fogli del Diario di bordo apparsi sulla terza pagina del La Nuova Cronaca di Mantova nel corso dell’anno 2012 sia un notevole numero (ventuno) di Fogli inediti che, per le loro dimensioni tipografiche, mal si sarebbero adattati a rientrare nella cornice necessariamente predeterminata dall’editore e direttore del settimanale, l’amico Werther Gorni, e che, quindi, erano rimasti, appunto inediti, nella memoria del computer dell’autore. Però questi Fogli - diciamo eccessivi - così gli erano venuti e Alberto Molinari, come figli, li accetta, nel senso che non gli va di ridurli o modificarli e gli piace proporli ora, editi per la prima volta, nella loro originale dimensione grafica e narrativa.
Il contenuto degli scritti - molto vario nella sua ispirazione e scrittura - ha seguito, nell’edizione giornalistica degli stessi, un ordine assolutamente casuale, derivante soltanto dalla spontaneità dei ricordi e delle pulsioni che li hanno generati, perchè Molinari, nello scriverli e proporli, aveva tenuto conto solo del succedersi di albe, meriggi e tramonti quotidiani, di tutto ciò che connota insomma, in modo vario e asistematico, il succedersi dei giorni.
Mettere ordine in questi attimi di vita - nel momento della loro offerta al lettore del giornale - elencarli per bene, tutti quanti in fila secondo il calendario o l’età o il tema che li distingue sarebbe equivalso a sancirne la morte e Molinari non voleva necrologi e, comunque, non voleva scriversene: meglio è stato dunque - così luidice - conservare a questi attimi la felice libertà di apparire e scomparire come volevano, sulla pagina del giornale, uscendo dalla memoria sua e di altri che li ricordino, perché questo è il succedere della vita, con la sua meravigliosa eventualità.
Erano piccoli fogli di un Diario di bordo, una raccolta di quadri, piccoli quadri, schizzi a volte, brandelli di vita, squarci fra la nuvolaglia attraverso i quali si vedono il cielo, la luce, il sole, o non si vede nulla perché si raggiunge con sgomento la consapevolezza che non vi è nulla da vedere.
Fotografie improvvise, istantanee a volte mosse o sfocate, nelle quali si concentrano la memoria, l’emozione di pochi momenti, sigillate in poche righe.
Poche righe, poche immagini che il giorno e la notte, sottobraccio al ricordo, hanno servito a loro piacimento, quando a loro è piaciuto di farlo, poiché hanno chiavi e grimaldelli di accesso ai pensieri degli uomini e non perdono mai alcuna occasione per ricordare loro, sorprendendoli, ciò che sono stati e che sono, lasciando a loro solo l’affanno d’immaginare ciò che potranno essere.
Diario di bordo. Voleva essere un titolo, ma è forse era solo un epilogo, posto alla fine di un libro in fieri, un libro che non aveva trama, che non aveva impianto di costruzione, che non aveva inizio né fine e che, quindi, a Molinari piaceva porgere al lettore del giornale così, come gli veniva, di mano in mano che le pagine, in modo discontinuo, si sovrapponevano le une alle altre.
Il lettore del giornale - che spesso ha conosciuto o conosce l’autore e che, comunque, è partecipe dei riferimenti della narrazione, per conoscenza personale o per memoria o sensibilità altrui - generalmente gradisce questo tipo di presentazione settimanale e la ricerca con curiosità.
Altra, ben diversa, doveva essere la presentazione dei racconti nell’edizione libraria, perché in tal caso il lettore - il più delle volte estraneo agli immediati riferimenti di tipo personale o localistico - richiede un minimo di sistematicità.
Ecco, dunque, i capitoli nei quali i vari pezzi giornalistici e pure quelli (posti in evidenza, perché inediti) aggiunti in quest’occasione sono stati raccolti, dando qui la ragione dei loro titoli:
C’ERA UNA VOLTA - Sono i pezzi ispirati ai ricordi personali di avvenimenti vissuti da una comunità. Questi racconti - così raccolti - forniscono al lettore estraneo gli elementi che caratterizzano un tempo e un ambiente, dai quali egli può anche estrapolare identità o somiglianze con propri ricordi e situazioni: Maresciallo imbroglio, Le due vite di Orfeo, Una domenica tradita, Il linguaggio del mio Dante (non proprio Alighieri).
COME SABBIA SULL’ANIMA - Sono i racconti di natura intimista, che nascono dalla “ruggine”, dalla “sabbia” lasciata sull’anima dalle emozioni di un tempo e che sono resuscitati e trasposti in narrazioni o favole che la fantasia ha sciolto da ogni riferimento puntuale: Fiore d'aglio, La lettera di Pilar, La Grande Pianura, Quel treno, Saint-Trophime.
PUNTI DI VISTA - Sono i punti di arrivo, attuali, di considerazioni che l’autore svolge sugli aspetti della nostra vita sociale e sulle speranze, dubbi e disillusioni che ne derivano: Ci salverà la costa falsa?, Divise. Ma da che cosa?, I "segnali deboli" dell'anguria.
AMORE DI TERRE LONTANE - Ricordi di viaggio: Birmania, andata e ritorno, Dien Bien Phu est tombé, Oetzi e il coccodrillo, Sombor (dopo e prima), Le vendette del tempo, Gusta Šuma, L'amante inglese, Gli occhi di Giarabub.
DIALOGHI CON ERO - Sono i dialoghi dell’autore (il nonno) con l’immaginaria nipotina (Erotima, detta Ero) che, giunta alla sua matura adolescenza, pone i suoi ingenui e meno ingenui quesiti, pretendendone giustamente risposta: La coscienza, La fantasia, verginità, L'odio, L'alce, Diversità.
METAMORFOSI - L’andamento metamorfico della vita, dedotto da storie reali, induce a cogliere aspetti curiosi e gustosi oppure ispira riflessioni non sempre confortanti.
Un’ultima annotazione: in questa edizione in volume è stato conservato ai Fogli, quelli già pubblicati sul settimanale, il loro titolo originale, che era stato pensato al fine di condensarne la storia e di introdurvi il lettore qualora quest’ultimo li avesse letti come si legge, appunto, il racconto che sia parte di un libro; non vi si trova, cioè, il titolo che Werther Gorni, direttore e editore del settimanale, aveva invece scelto con intenzione giornalistica, coerente, cioè, con la necessità di qualificare il pezzo in modo adeguato alla variata economia dell’intera terza pagina: due modi diversi, insomma, di usare il dovuto riguardo al lettore, sia quello del giornale sia quello del libro.
Il titolo dell’intera raccolta, invece, ripete quello di uno dei racconti del capitolo C’ERA UNA VOLTA, anche perché a Molinari è riuscito, non si sa per quale misterioso colpo di fortuna, di trovare un’eccezionale fotografia a colori di settant’anni fa, che riproduce luogo e protagonista del racconto, il mitico esamotore MESSERSCHMITT ME 323 GIGANT della Luftwaffe, in attesa sul campo d’aviazione del Migliaretto di Mantova.